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Gli schemi di analisi del reato (estratto dai sunti del testo "Diritto penale - Parte generale, Fiore 2008: contatto fb Riassunti giuridico penali)
L’ analisi del reato è stata storicamente condotta secondo tre diverse metodologie:
• un primo schema di analisi scompone il fatto delittuoso in due elementi: quello oggettivo (o della fisicità), e cioè l’ accadere visibile nel mondo esterno; e quello soggettivo (o psicologico), rappresentato, invece, dall’ atteggiamento interiore che sostiene la condotta dell’ autore: questo schema è senz’ altro caratteristico della Scuola classica di carrariana memoria, la quale infatti distingueva tra forza fisica e forza morale.
• Il modello di dottrina elaborato, invece, in Germania e condiviso anche in Italia si caratterizza per un diverso approccio al problema, in quanto i vari elementi che compongono il reato vengono ricavati dal collegamento che si instaura tra il fatto vietato e l’ ordinamento giuridico. Questo procedimento di analisi, poiché dà luogo a tre elementi costitutivi del reato, prende il nome di concezione tripartita del reato: ora, il primo e fondamentale elemento di questo schema concerne la conformità del fatto alla descrizione normativa di un reato e prende il nome di tipicità.
La conformità del fatto alla descrizione normativa di un reato da sola, tuttavia, non implica anche la contrarietà del fatto tipico con l’ intero ordinamento giuridico: quest’ ultima, infatti, potrà essere affermata solo in assenza di particolari condizioni di liceità della condotta e, più precisamente, in assenza di cause di giustificazione.
L’ ulteriore figura di qualificazione concerne, infine, la verifica dei presupposti di ordine soggettivo, i quali vanno ad integrare il cd. giudizio di colpevolezza: ad essa, originariamente, si assegnava il contenuto psichico dell’ azione (cioè il dolo e la colpa), mentre nell’ evoluzione della dottrina del reato ci si è andati man mano orientando verso una concezione normativa di colpevolezza, nella cui prospettiva ciò che viene in rilievo è la verifica dei presupposti della normalità e della maturità psichica, da cui dipende l’ imputabilità del soggetto.
Tipicità, antigiuridicità e colpevolezza costituiscono, quindi, i predicati dell’ azione penalmente rilevante nello schema tripartito.
• Alla concezione tripartita si è sempre contrapposta un’ articolazione bipartita degli elementi costitutivi del reato, secondo la quale l’ antigiuridicità non costituirebbe un autonomo elemento del reato, ma ne rappresenterebbe l’ essenza. La fattispecie del reato verrebbe, in tal modo, a configurarsi come antigiuridicità tipizzata, dal momento che il carattere tipico dell’ azione sarebbe dato dalla sua antigiuridicità: di conseguenza, la mancanza di cause di giustificazione rientrerebbe nel carattere della tipicità e, per converso, la loro presenza dovrebbe configurarsi come una causa di esclusione dello stesso fatto tipico (per tale ragione, a quest’ orientamento dogmatico si dà anche il nome di dottrina degli elementi negativi del fatto).
Parte della dottrina, però, ha giustamente sottolineato che, attraverso l’ inclusione nella fattispecie legale del reato di momenti cd. negativi (corrispondenti alle ipotesi delle cause di giustificazione), la fattispecie incriminatrice viene, così, privata della sua funzione di tipicizzazione, perché in essa si fanno rientrare elementi che, in realtà, sono fuori dalla descrizione legale del reato; del resto, bisogna tener presente che la distinzione tra tipicità ed antigiuridicità corrisponde a precise differenze di valore giuridico, che non possono essere assolutamente disconosciute: mentre, infatti, la tipicità rappresenta la cd. materia del divieto (attraverso di essa, cioè, il legislatore ci fornisce il quid del divieto, descrivendo concretamente cos’ è proibito dal diritto penale), l’ antigiuridicità rappresenta, invece, un semplice giudizio di relazione tra il fatto, penalmente sanzionato, e l’ intero ordinamento giuridico. Essa, quindi, non limita o modifica la materia del divieto (cioè il fatto tipico), ma elimina semplicemente l’ obbligo di osservare il divieto, in presenza di particolari circostanze giustificanti: si pensi, ad es., all’ uccisione di un uomo (azione penalmente sanzionata attraverso l’ art. 575 c.p.), che sia compiuta per difendersi da un’ aggressione ingiusta (art. 52 c.p.).
[Modificato da Attiliogiuseppe 11/10/2012 11:41]